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Malattia di Meniere o Sindrome di Meniere

Indice:

Che cos’è la Malattia di Meniere

2 Cosa provoca la sindrome di Ménière?

3 Meniere e Disfunzioni dell’Articolazione Temporo Mandibolare (ATM)

4 L’approccio odontoiatrico-occlusale

Malattia di Meniere e Emicrania, Vertigini e Cefalea

6 Disfunzione Temporo Mandibolare e Vertigine

Vertigini, Malattia di Menière e problemi cervicali

8 Malattia di Meniere diagnosi

9 Acufeni e Malattia di Menière

10 Familiarità e Genetica nella Malattia di Maniere

11 Malattia di Meniere dieta

 

1- Che cos’è la Malattia o Sindrome di Meniere

La Malattia di Meniere è una condizione che si manifesta quando le vertigini si associano a tre sintomi principali: acufeni (rumori auricolari), cali improvvisi dell’udito e una sensazione di ovattamento e “pienezza” dell’orecchio. Il nome della malattia deriva da Prospero Meniere, il medico francese che la descrisse per primo.

La denominazione nosologica di Malattia di Meniere è puramente convenzionale, e risponde ad un paradigma scientifico impostato sulla malattia: gli esperti hanno deciso che, se sono presenti 4 sintomi (ipoacusia, vertigini, acufeni e snso di pienezza-fullness), si fa diagnosi di malattia di Meniere; se sono 3 no, ma se poi arriva il quarto, allora sì: la diversa diagnosi prima e dopo il completamento del quadro clinico dipende dal paradigma scientifico impostato sulla malattia: se manca la vertigine o l’acufene, sintomi patognomonici , non è Meniere. Se però cambiamo paradigma e lo impostiamo sul paziente, che è sempre lo stesso, si tratta di un paziente menierico in cui l’espressione clinica si è completata nel tempo.

 

2- Cosa provoca la Malattia / Sindrome di Ménière?

La base patogenetica della Malattia di Meniere è ancora oscura, ma da almeno 70 anni vene ipotizzata risiedere nell’Idrope Endolinfatico EH, cioè in, un eccesso del liquido presente nel vestibolo, con sintomi vertiginosi, e nella chiocciola, con effetti sull’udito, o in entrambi.

Idrope e Meniere nell’uso comune dei termini sembrano essere pressochè sinonimi: in realtà: La denominazione nosologica di Malattia di Meniere descrive convenzionalmente un quadro clinico, mentre la vera patologia risiede nell’Idrope.

L’Idrope, però, non si è per decenni mai vista in un paziente VIVO: era, e per gran parte è ancora oggi, un riscontro oggettivo solo in sede autoptica su cadavere, presente però solo in alcuni menierici, ma non in tutti; inoltre presentano idrope anche pazienti non menierici: andrebbe quindi considerata un importante fattore di rischio, un marker, piuttosto che una CAUSA galileiana, nell’impossibilità di verificare se, caso per caso, ci sia davvero. Oltretutto spesso la storia clinica del paziente riscontra successive diagnosi di altra sindrome vertiginosa (Neurite Vestibolare, Labirintite, Vertigine Parossistica Posizionale Benigna VPPB, Emicrania Vestibolare se presente anche cefalea), o altre diagnosi sfumate (Sindrome menieriforme, sindrome idropica) fino all’insorgere di tutti i 4 sintomi patognomonici che, alla fine, fanno porre diagnosi di Meniere. Del resto, che l’Idrope sia accertata o no, che i sintomi siano 4 o 3, che sia Meniere completa o no, la terapia è uguale, e rimane impostata sull’ipotesi che comunque nel paziente sia presente l’Idrope (diuretico, betaistina, mannitolo, dieta iposodica e iperidrica).

In caso di persistenza dei disturbi nonostante le terapie mediche e comportamentali (dieta iposodica e iperidrica), le possibilità terapeutiche prevedono tecniche aggressive, demolitive  e irreversibili quali la gentamicina intratimpanica e la neurotomia del nervo vestibolare.

Ad oggi, però, nessuna terapia indirizzata all’Idrope ha dato grandi risultati: in tutti gli scritti si legge che ad oggi per la Meniere non c’è cura. la Cochrane, autorevolissima istituzione scientifica, non ha accordato certezza scientifica di risultati a nessuno degli approcci terapeutici abitualmente in tutto il mondo impiegati: in  particolare, ha concluso che ci sono insufficienti evidenze scientifiche per affermare che la Betaistina (Vertiserc . Microser) abbia un qualche effetto nella Malattia di Menière.

 

Malattia di Meniere Cochrane

Solo la Gentamicina Intratimpanica si è dimostrata essere in grado  (ma non sempre)  di incidere sulle gravi crisi vertiginose, ma è intervento demolitivo, non curativo, oltretutto non privo di possibili danni collaterali.  Da notare che la Gentamicina, proprio per la sua natura demolitiva, si attua nella Meniere monolaterale. Purtroppo la Meniere evolve spesso da monolaterale in bilaterale, rendendo poco utile anche la gentamicina che avesse avuto successo prima dell’insorgenza della bilateralità.

 

3- Meniere e Disfunzioni dell’Articolazione Temporo Mandibolare (ATM):

Alcuni studi e rilievi clinici hanno documentato che numerosi pazienti presentano sintomi auricolari senza patologia dell’orecchio, e suggeriscono in questi casi  la consultazione di un Dentista-Gnatologo.

L’incidenza dei sintomi della Malattia di Meniere risulta essere maggiore nei casi di disfunzione dell’ATM rispetto al resto della popolazione. Tali sintomi vengono spesso riferiti in miglioramento o in risoluzione dopo un trattamento odontoiatrico/occlusale mirato ad hoc, e in ricaduta alla sospensione del trattamento stesso. Per contro, in molti pazienti menierici sono presenti sintomi caratteristici della disfunzione dell’ATM, e un adeguato trattamento della disfunzione articolare è spesso in grado di risolverli o migliorare anche i sintomi della Malattia di Meniere.

Tratto su questa base pazienti affetti da Malattia di Meniere da oltre 30 anni, e, cosa assai difficile per un dentista libero professionista,  sono anche riuscito a pubblicare uno studio su una delle riviste scientifiche internzionali di settore più autorevoli: Edoardo Bernkopf · Vincenzo Capriotti · Giulia Bernkopf · Emilia Cancellieri · Andrea D’Alessandro – Alberto Vito Marcuzzo · Caterina Gentili · Giovanni Carlo De Vincentiis · Giancarlo Tirelli: Oral splint therapy in patients with Menière’s disease and temporomandibular disorder: a long-term, controlled study.Eur Arch Otorhinolaryngol. 2022 Aug 26. doi: 10.1007/s00405-022-07604-3. Online ahead of print.PMID: 36018357 Impact factor  3.236 (2021)

In questa videointervista espongo il razionale del mio intervento: https://www.youtube.com/watch?v=IhB1c-G_jJc

4 – L’approccio odontoiatrico-occlusale

Nell’approccio odontoiatrico-occlusale la terapia è rivolta a ricercare, sulla base dei reperti anamnestici, clinici e radiografici, la postura corretta della mandibola. Viene dunque allestito un disposivo intra-orale in resina acrilica (può essere denominato bite, splint, oral device ecc.) che, grazie alla conformazione decisa caso per caso dal dentista, obbliga il paziente ad atteggiare la propria mandibola nella posizione prescelta e considerata corretta. In questo modo, la mandibola è libera di effettuare tutti i movimenti necessari ad una vita normale, ma non quelli considerati patologici.

Con questo approccio, in parte di conferma diagnostica, in parte già terapeutico, è quindi possibile testare l’effettiva incidenza della malocclusione dentaria e della disfunzione dell’ATM sulla sintomatologia menierica, e sulle vertigini in particolare, il tutto in maniera totalmente reversibile, priva di qualunque rischio biologico: in caso di insuccesso la rimozione del dispositivo ripristinerà esattamente la situazione di partenza.

Se la terapia occlusale nelle fase con bite ha successo, dopo un periodo congruo a confermare il risultato positivo (non va dimenticato che la Menière ha un andamento bizzarro, e può presentare periodi silenti),  il paziente potrà scegliere se avvalersi a vita del dispositivo intraorale , oppure se passare ad una seconda fase riabilitativa della propria bocca, attraverso un piano di trattamento individuale ortodontico, protesico o misto, a seconda delle condizioni di partenza della propria bocca.

Ovviamente il successo terapeutico dipende anche dal grado di gravità raggiunto dalla malattia, che ogni ritardo rischia di rendere irreversibile.

Fondamentale è anche la determinazione del paziente a sottoporsi ad un trattamento che è di certo inizialmente più scomodo di una pillola da ingoiare. In questa videointervista una paziente, che si è sottoposta a trattamento con bite e successivamente a riabilitazione ortodontico-protesica, racconta la sua storia : https://www.youtube.com/watch?v=07oshg5Ho88

Alla pagina “Casi significativi” sono raccolte alcune testimonianze significative sull’esito della terapia impiegata con successo dal Dr Bernkopf su Pazienti affetti da Malattia / Sindrome di Menière. Vengono messe in rete, con specifica liberatoria, solo le storie dei pazienti che acconsentono alla pubblicazione di generalità e recapiti, affinchè non si possa dubitare della loro veridicità.

https://www.studiober.com/category/meniere/

Il caso più bello, ma molto lungo: https://www.studiober.com/prof-antonello-ricci-malattia-di-meniere/     Diagnosi Menière Dott.D. Cuda (RE), Prof.E. Mira (PV) Prof.R. Filipo (Pol. Umberto 1° , Roma).

Vai alla video-intervista del Dr. Bernkopf sulla sua terapia occlusale nella Malattia di Menière: https://www.youtube.com/watch?v=IhB1c-G_jJc

 

5- Malattia di Meniere e Emicrania, Vertigini e Cefalea

L’associazione tra Cefalea e le varie forme di Vertigini, compresa la Malattia di Meniere, è spesso descritta nella letteratura scientifica. In questi casi spesso la Cefalea viene diagnosticata come Emicrania, e come tale assume non solo il ruolo di associazione, il che in sé vuol dire poco, ma anche quello causale sulla Vertigine. In presenza di due fattori che si riscontrano associati si tende a ipotizzarne uno causa dell’altro, fino ad individuare quadri nosologicamente definiti: si può infatti porre diagnosi anche di Vertigine Emicranica, o Emicrania Vestibolare. A volte, però, un terzo elemento, sfuggito all’indagine clinica, può sostenerli entrambi, fornire un’interpretazione logica del complesso quadro clinico, e sopratutto individuare anche un possibile percorso terapeutico efficace su entrambi, illuminando di luce nuova anche l’associazione fra Emicrania e Meniere.

La denominazione nosologica di Malattia di Meniere è puramente convenzionale, e risponde ad un paradigma scientifico improntato sulla malattia: gli esperti hanno deciso che, se sono presenti 4 sintomi (ipoacusia, vertigini, acufeni e fullness), si fa diagnosi di malattia di Meniere; se sono 3 no, ma se poi arriva il quarto, allora sì: se il paradigma scientifico fosse orientato al paziente, si dovrebbe prendere atto che il paziente è sempre lo stesso, e che il quadro clinico si è arricchito di un quarto sintomo, in un paziente che alla fine viene definito  menierico perchè la quadruplice espressione clinica si è  nel tempo completata.

Lo stesso vale per l’Emicrania: il suo paradigma scientifico è orientato a definirla malattia “primaria” di cui cioè sono ignote le cause.

Se il medico impiegasse un paradigma scientifico orientato sul paziente, bisognerebbe ampliare l’approccio diagnostico, e coinvolgere altri sintomi, potendosi così dare diversa interpretazione all’Emicrania, che spesso vera emicrania non è, come anche a molte Sindromi vertiginose, fra cui la stessa Malattia di Meniere.

La malocclusione dentaria, se comporta una dislocazione anche lieve della mandibola, e quindi dei suoi condili, può generare sia la cefalea che la vertigine:

1)           Lo squilibrio dei muscoli della masticazione  può sostenere una cefalea con meccanismo muscolo tensivo.

2)           Il conflitto che si instaura fra uno e entrambi i Condili mandibolari e l’ Orecchio può sostenere l’insorgenza di vertigine.

Disfunzione Temporo Mandibolare e Cefalea

La classificazione della cefalee, secondo l’International Headache Society del 2018  individua una basilare distinzione in due gruppi: cefalee primarie, cioè prive di una causa conosciuta, e secondarie, sintomo cioè di altre malattie.

CEFALEE PRIMARIE

01 – Emicrania

02 – Cefalea di tipo tensivo

03 – Cefalee autonomico-trigeminali

04 – Altre Cefalee Primarie

CEFALEE SECONDARIE

05 – Cefalea associata a trauma o lesione cranica e/o cervicale

06 – Cefalea associata a patologie vascolari

07 – Cefalea associata a patologia intracranica non vascolare

08 – Cefalea da assunzione o sospensione di sostanze esogene

09 – Cefalea associata ad infezioni

10 – Cefalea associata a disturbo dell’omeostasi (origine metabolica)

11 – Cefalee o dolori facciali associati a patologie del cranio, collo, occhi, orecchi, naso e seni paranasali, denti, bocca o di altre strutture facciali o cervicali.

12 – Cefalea attribuita a disturbo psichiatrico

13 – Lesioni dolorose dei nervi cranici e altri dolori faciali

  1. Altri disturbi cefalalgici

 

Ai punti dal 5 al 13 della classificazione internazionale sono dunque indicate le Cefalee Secondarie, cioé sostenute da un’altra patologia: fra queste, al punto 11 ci sono le cefalee secondarie che derivano dalla bocca, accorpate peraltro con una certa confusione ad altri distretti anatomici che in particolari condizioni possono causare cefalea  (cranio, collo, occhi, orecchi, naso e seni paranasali, altre strutture facciali o craniche ).

L’esclusione dell’ipotesi che un paziente soffra di una cefalea secondaria ad altre patologie dovrebbe necessariamente precedere la formulazione di una diagnosi di cefalea primaria.

L’incidenza delle problematiche cranio-mandibolari nella patogenesi della cefalea non è mai stata chiarita: la ricerca si dedica pressoché esclusivamente alle cefalee primarie, Emicrania e Tensiva in particolare. Le caratteristiche cliniche di una cefalea secondaria derivante dalla bocca possono essere spesso molto simili a quelle di una primaria: ciò comporta che non sia facile porre diagnosi differenziale tra le due quando un paziente presenti sia cefalea che malocclusione dentaria con disfunzione dell’Articolazione Temporo Mandibolare (ATM). Rimane così il dubbio che molte cefalee, nelle conclusioni epidemiologiche, oltre che nelle decisioni terapeutiche, siano diagnosticate come Emicrania  per errore, in quanto non indagate con le modalità che le farebbero classificare (e soprattutto anche curare) come secondarie alla malocclusione.

La classificazione delle Cefalee dell’IHS del 2004 e del 2018, pur definendo frequente (“common”) questa tipologia di cefalea punto 11, la riteneva legata “ai così detti Disordini temporo Mandibolari”, il cui trattamento risultava efficace anche sulla cefalea: Come detto sopra, però la cefalea può comunque essere sostenuta con meccanismo muscolo-tensivo da un problema di malocclusione con malposizione mandibolare e condilare, anche non configurante un vero TMD.

Fig. 1 una laterodeviazione mandibolare induce compensi posturali della colonna cervicale, che possono contribuire all’’insorgenza sia di cefalea                                                                                              (cervicogena)  che di vertigini.

La classificazione IHS del 2004 individuava un ottimo criterio diagnostico:  “La Cefalea si risolve entro tre mesi e non ricorre, dopo trattamento efficace del disordine dell’ATM (“Headache resolves within 3 monts, and does not recur, after successful treatment of the TMJ Disorders”). Era un ottimo criterio, perché il trattamento con bite è in grado di riposizionare correttamente la mandibola anche quando la malocclusione dento-scheletrica non si associa ad un conclamato TMD, ma sostiene comunque una cefalea con meccanismo muscolo-tensivo.

 

Fig.2 L’applicazione di adeguati dispositivi intraorali di riposizionamento mandibolare, ricentrando la mandibola , rimuove il conflitto fra ATM e                                                                                             Orecchio, potenzialmente responsabile delle vertigini,  e riequilibra la muscolatura il cui stato tensivo può sostenere la cefalea.

Purtroppo questo criterio nella revisione del 2018 è stato eliminato.

L’emicrania classica, che si ritiene abbia un quadro tipico e inconfondibile, in particolare per le caratteristiche dell’aura. In realtà le disfunzioni dell’ATM possono avere un corredo sintomatologico (nausea, vomito, vertigini, “scintille” agli occhi) che a volte può simulare un’aura o assomigliarle, e generare così un errore diagnostico. Anche la presenza di un’anamnesi famigliare positiva per cefalea orienta verso una diagnosi di emicrania, e fa temere una prognosi sfavorevole. La medesima osservazione, invece, suscita motivo di fiducia (oltre a costituire elemento di conferma diagnostica) se i componenti dello stesso nucleo familiare, come spesso succede, sono accomunati dalla medesima conformazione anatomica cranio mandibolare che venga a configurare uno dei quadri predisponenti alla cefalea punto 11 da malocclusione. Infatti questi quadri clinici, pur per gran parte geneticamente determinati e caratterizzati da familiarità, sono modificabili con un adeguato trattamento occlusale, con potenziale successo anche sulla cefalea degli altri familiari affetti.

Se un dentista/gnatologo ipotizza una cefalea punto 11 e la tratta, in caso di successo terapeutico ottiene contestualmente anche la sostanziale conferma dell’ipotesi diagnostica, ma se il caso non riferisce chiari miglioramenti, deve riconoscere l’insuccesso: ciò costituirà anche diagnosi di esclusione, e il paziente cercherà una seconda opinione e un altro percorso diagnostico-terapeutico presso altri specialisti. Nel caso di diagnosi di Cefalea Primaria, emicranica o cefalea tensiva, invece, il permanere della sintomatologia non comporta automaticamente il dubbio sulla diagnosi formulata, che riguarda una malattia “primaria”, di cui non si conosce la causa e di cui non è prevista una vera guarigione. Per questo il paziente rischia di mantenere la convinzione di soffrire di una patologia primaria, senza che si sia ipotizzato il possibile ruolo patogenetico della sua bocca. È frequente che un dentista- gnatologo riscontri e tratti con successo cefalee ritenute primarie e trattate come tali anche per decenni.

Da notare infine che una malposizione mandibolare indotta dalla malocclusione, oltre a coinvolgere in vario grado anche l’ATM, può accompagnarsi a problemi cervicali . E‘ poco sostenibile che questi possano essere davvero causati da un problema localizzato nell’ATM: è più logico che i rapporti fra TMD e colonna cervicale siano mediati da una malposizione mandibolare legata alla malocclusione dentaria , che sulla colonna comporti compensi posturali (si usa in tal caso la denominazione Disturbi Cranio Mandibolo Vertebrali), favorendo così  anche l’insorgenza indiretta di una componente cefalalgica abitualmente denominata “cervicogena”, peraltro accomunata ai problemi di bocca e denti nello stesso punto classificatorio 11 dell’IHS.

6- Disfunzione Temporo Mandibolari e Vertigine

Vertigini e instabilità posturali sono tra i sintomi lamentati con maggior frequenza da pazienti affetti da disfunzioni dell’Articolazione Temporo Mandibolare e del sistema cranio-mandibolo-vertebrale, tanto che anche in letteratura scientifica si riscontra l’indicazione a richiedere l’intervento del dentista-gnatologo, esperto in questo argomento, in casi di pazienti vertiginosi in cui non si evidenzino motivazioni otologiche. Un nostro recente lavoro ha evidenziato il possibile rapporto anche fra le disfunzioni temporo mandibolari e la Malattia di Meniere.

Da notare che è stata riscontrata anche una frequente anomala risposta vestibolare nei pazienti che presentano Apnee nel Sonno (OSAS) , tanto da ipotizzare un ruolo patogenetico dell’OSAS sull’insorgenza di vertigini: il trattamento per via occlusale può dare contemporaneamente soluzione ai tre problemi.

Il campo si allarga, ma un cerchio si chiude, se si considera che la Sindrome delle Apnee Ostruttive nel Sonno (OSAS) può sostenere l’insorgenza di “Cefalea associata a patologie metaboliche”, punto 10 della classificazione IHS: la retrusione mandibolare è una frequente causa di russamento notturno con Apnee nel Sonno (OSAS), per il conflitto che insorge fra la base della lingua e la parete faringea, dove si si colloca l‘ostruzione causa dell’Apnea. La retrusione mandibolare, come già detto, sostiene anche il conflitto fra l’Articolazione Temporo Mandibolare e l’Orecchio.

FIG. 2 Una Malocclusione con retrusione mandibolare può sostenere la sofferenza dell’ATM, il conflitto di questa con l’Orecchio e il restringimento del                                                                                   lume faringeo fin al suo collasso, responsabile del russare e dell’Apnea nel Sonno. I dispositivi di riposizionamento mandibolare possono trattare                                                                                             contemporaneamente tutte e 3 le patologie

Applicando un paradigma scientifico orientato sul paziente, anche se preoccupato specialmente da Vertigini e Cefalea, l’approccio anamnestico e diagnostico dovrebbe  allargarsi al paziente, e considerare altri sintomi

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Nella tabella 1 , ciascuno dei sintomi della colonna centrale può avere autonomia nosologica come malattia, ed essere affrontata, nell’ambito di paradigmi scientifici orientati appunto su ciascuna malattia, da singoli diversi specialisti. Alcuni sintomi, affrontabili singolarmente, se associati (colonna di destra) possono essere riuniti in un’unica denominazione nosologica : Vertigini, Acufeni, Fullness  e Ipoacusia,  possono essere riferiti al paradigma della Malattia di Meniere; se è presente anche emicrania, i due paradigmi possono risultare associati, o confluire in quello di “Emicrania vestibolare” (“Equivalnte Emicranico” nel bambino).   La Cefalea può rientrare fra le primarie, Emicrania e Tensiva in particolare, ma se è presente una problematica cervicale, a sua volta affrontabile specialisticamente, può rientrare nel paradigma scientifico e quindi nella diagnosi della “Cefalea Cervicogena” e prevederne la terapia interdisciplinare.

Anche i Disturbi Temporo Mandibolari (TMD) costituiscono un patologia a sé stante, caratterizzata dalla presenza di sintomi patognomonici: Dolore, rumori articolari, difficoltà nei movimenti mandibolari, blocco articolare (locking). Il rapporto con l’Occlusione dentaria è controverso, perché , applicando un paradigma scientifico orientato sulla malattia (TMD) e ricercando nell’occlusione la causa diretta e lineare , non la si trova: in una patologia multifattoriale sarebbe peraltro addirittura inutile cercarla. Ponendo invece al centro dell’attenzione il paziente, e allargando l’anamnesi ai sintomi sopra elencati, l’Occlusione dentaria, configurata in Malocclusione con malposizione mandibolare eventualmente presente,  può fornire un’interpretazione patogenetica molto diversa.  Anche i Disturbi Temporo Mandibolari (TMD) fanno infatti parte della “Patologia di Confine”. L’effetto patogeno di alcune malocclusioni relativamente alle problematiche ATM può rimanere asintomatico molto a lungo, e manifestarsi con TMD assai tardivamente, sia per quanto riguarda l’insorgenza del dolore, che relativamente alla “meccanizzazione e anatomizzazione” della disfunzione: incoordinazione condilo meniscale, limitazione funzionale per degenerazione del disco e artrosi condilare. Questi ultimi, attribuibili ad un  processo degenerativo, e lo stesso dolore possono impiegare anche decenni per manifestarsi clinicamente, ma ben prima,  anche in età pediatrica, come nell’Otite Media Acuta Ricorrente, con una ATM sostanzialmente silente, si può individuare un ruolo della Malocclusione dento-scheletrica nel riscontro delle varie Patologie di Confine  extraocclusali sopra considerate nelle colonna centrale, che possono risultare di competenza del dentista pur riguardando distretti extraodontoiatrici: purchè si applichi un paradigma scientifico orientato sul paziente e non sulla singola malattia.

Il vero problema della Gnatologia non sono esclusivamente i TMD, ma con paradigma scientifico orientato suol paziente, riguarda  tutta  la “Patologia di Confine” che può essere sostenuta dalla Malocclusione Dento-Scheletrica, per gli effetti che questa può avere non solo sull’ATM ma  sull’intero sistema corporeo, con o senza la presenza di conclamati TMD, che dell’argomento costituiscono solo una parte, tendenzialmente tardiva e spesso la meno grave.

Conclusione

Alla luce di quanto sopra illustrato è opportuno sottolineare che, anche se in presenza di cefalea e di vertigini gli specialisti di primo riferimento sono storicamente il Neurologo e l’Otorinolaringoiatra-Vestibologo, è bene che ci si preoccupi anche di una contestuale considerazione del problema in ambito gnatologico. Seguendo un paradigma scientifico orientato sul paziente, l’indagine diagnostica deve allargarsi anche ad altri sintomi potenzialmente presenti, che lo specialista di abituale primo riferimento tenderebbe ad ignorare.

 

7- Vertigini, Malattia di Menière e problemi cervicali

La vertigine può essere sostenuta anche da problemi alla colonna cervicale. Viene denominata Sindrome di Neri Barré Lieau un quadro clinico su base neurologica e vascolare originato dalla colonna cervicale, caratterizzato da vertigini e cefalea. I difetti di postura sono alla base del Disturbo Intervertebrale Minore (DIM) codificato da Maigne, ma alla lunga questo problema, inizialmente disfunzionale e reversibile, può organizzarsi anatomicamente e assumere aspetti degenerativi, sia a carico delle vertebre che dei dischi intervertebrali. E’ però necessario considerare che la problematica della colonna vertebrale non é sempre isolata e fine a se stessa, ma inserita nel generale contesto posturale dell’intera struttura corporea. Può essere considerata, in molti casi, un sistema di compenso di malposizioni che intervengono nei distretti inferiori (bacino, ginocchia, caviglie, piedi) solitamente chiamate “Ascendenti”, o superiori (malocclusione dentaria con malposizione mandibolare soprattutto) solitamente denominate “Discendenti”.

La postura del cranio rispetto alla colonna cervicale e alla cintura scapolare non è determinata solo dai muscoli del collo che connettono direttamente questi sistemi, ma anche da un altro sistema muscolare indiretto formato dai sottoioidei, dai sopraioidei e dagli elevatori della mandibola. Una dislocazione sagittale della mandibola favorisce un aumento delle curvature lordotiche se la mandibola è retrusa , una rettilineizzazione se protrusa. Infine una laterodeviazione della mandibola favorisce per compenso un atteggiamento scoliotico a esse italica. Questo è peraltro uno schema scolastico , che può prevedere ampie variazioni soggettive.

La postura della mandibola è dunque pienamente coinvolta (anche se spesso trascurata) nella postura del sistema cranio-vertebrale. Anzi il suo ruolo va opportunamente rivalutato in considerazione del fatto che la mandibola è l’unico elemento macroscopicamente mobile del cranio, e viene coinvolta non solo in molte funzioni normali (masticazione, fonazione, deglutizione) e patologiche (bruxismo, serramento) ma partecipa attivamente anche all’interpretazione dei diversi stati psichici del soggetto (basti pensare al serramento nei momenti di collera, di paura, di sforzo o di lotta), costituendo molto spesso un indispensabile anello di congiunzione fra lo stress psicofisico e il dolore cefalico e vertebrale. L’ansia e lo stress possono giocare un ruolo importante, ma quando presenti, trovano nella bocca un organo bersaglio particolarmente recettivo: nello stress si stringono le mascelle  e si bruxa di più , per cui qualunque problema che può trovare nella bocca una sua causa, dallo stress viene enfatizzato.

Da notare che se è una malocclusione dentaria con malposizione mandibolare a indurre un compenso posturale della colonna cervicale, l’attività encomiabile del più bravo fisioterapista o osteopata o chiropratico non potrà che avere effetti scarsi e di breve durata, perchè la mandibola , dopo qualunque manipolazione , tornerà ad occupare la postura individuata dall’inercuspidazione dentaria, che nessuna manipolazione può cambiare senza l’intervento del dentista. Per motivi uguali e contrari,  il trattamento della colonna cervicale deve sempre accompagnarsi ad una attenta considerazione di eventuali problemi craniomandibolari.

8- Malattia di Meniere diagnosi

Come si è già detto al primo capitolo “Che cos’è la Malattia o Sindrome di Meniere”, la denominazione nosologica di Malattia di Meniere è puramente convenzionale, e risponde ad un paradigma scientifico impostato sulla malattia: gli esperti hanno deciso che, se sono presenti 4 sintomi (ipoacusia, vertigini, acufeni e snso di pienezza-fullness), si fa diagnosi di malattia di Meniere: la diagnosi è dunque puramente clinica.

La vera patologia consisterebbe nell’Idrope, cioè in un eccesso del liquido presente nel Labirinto e nella Coclea , che però non si è per decenni mai visto in un paziente VIVO: era, e per gran parte è ancora oggi, un riscontro oggettivo solo in sede autoptica su cadavere, presente però solo in alcuni menierici, ma non in tutti; inoltre presentano idrope anche pazienti non menierici. Si tratta quindi di una diagnosi presuntiva.

Oltretutto spesso la storia clinica del paziente vede successive diagnosi di altra sindrome vertiginosa (Neurite Vestibolare, Labirintite, Vertigine Parossistica Posizionale Benigna VPPB, Emicrania Vestibolare se presente anche cefalea), fino all’insorgere di tutti i 4 sintomi patognomonici che, alla fine, fanno porre diagnosi di Meniere.. Se il quartetto di sintomi della Meniere non è completo si può diagnosticare come “Meniere probabile o Meniere possibile”. Se è presente anche cefalea, si può parlare  di associazione Meniere-Emicrania, ma anche di  Vertigine Emicranica o Emicrania Vestibolare (vai al capitolo “Malattia di Meniere e Emicrania, Vertigini e Cefalea”).

Solo da poco tempo con una Risonanza Magnetica particolare è possibile evidenziarla nel vivente: si tratta però di un esame difficile da eseguirsi, illustrato nei congressi, ma ben poco impiegato nella comune quotidiana pratica clinica. Anche nell’affrontare un singolo caso, quindi, ad oggi l’Idrope rimane comunque un’ipotesi presuntiva: andrebbe quindi considerata un importante fattore di rischio, un marker, piuttosto che una CAUSA galileiana, nell’impossibilità di verificare se, caso per caso, ci sia davvero. Inoltre, se il riscontro con RM diventasse routinario, nulla cambierebbe nella terapia, che di certo  in caso di positività verrebbe confermata; ma quale sarebbe il comportamento terapeutico in caso di negatività? Che l’Idrope sia accertata o no, che i sintomi siano 4 o 3, che sia Meniere completa o no, e sopratutto  in presenza del quadro clinico conclamato con i 4 sintomi patognomonici, la terapia rimane la stessa (diuretico, betaistina, mannitolo, dieta iposodica e iperidrica), e rimane impostata sull’ipotesi che comunque nel paziente sia presente l’Idrope, anche se non evidenziata nell’esame strumentale.

9- Acufeni e Malattia di Menière

Si veda la pagina dedicata a questo link.

L’acufene è uno dei 4 sintomi patognomonici della malattia di Mniere, spesso il primo a comparire, addirittura anni prima che l’insorgenza di gravi vertigini orientino verso la diagnosi di Malattia di Meniere. Quando insorge , viene sottovalutato: all’inizio spesso concede ampie remissioni spontanee, il paziente è portato a credere che “passi da solo”. Purtroppo , una brutta volta, non passa più, e diventa un problema serio.

Quello che dicono i Colleghi Otorinolaringoiatri, cioé che “gli acufeni sono la loro tomba” rappresenta in qualche modo la realtà, nel senso che si tratta di una patologia molto ostica al trattamento.

L’acufene può essere un sintomo di una disfunzione dell’Articolazione Temporo Mandibolare (ATM) : se si  infilano i mignoli nei meati acustici esterni con i polpastrelli verso l’avanti, e si muove la mandibola in apertura a chiusura, ci si rende conto dell’intimo rapporto fra Articolazione Temporo Mandibolare (ATM) e orecchio, e di come tale rapporto possa essere potenzialmente traumatico, a seconda che lo stop determinato dall’intercuspidazione dentaria fermi la rotazione all’indietro che il condilo compie quando si chiude la bocca. Questo infatti può avvenire correttamente se il morso è normale, o troppo tardi se il morso è profondo o la mandibola è all’indietro (retrusa). Quando la mandibola è biretrusa il problema tende ad essere bilaterale, quando é (o è anche) laterodeviata, il problema è monolaterale o prevalente da un lato.

Il conflitto con il condilo mandibolare può riguardare anche la Tromba di Eustachio, e partecipare a sostenere il problema anche per questa via. Purtroppo l’acufene, se non la tomba, è di certo la bestia nera non solo degli Otorinolaringoiatri, ma anche dei dentisti che si occupano di ATM, perché individua un punto di probabile non ritorno di questo aspetto della disfunzione ATM. Anche se l’acufene è monosintomatico , di solito il discorso non vale: è difficile che la disfunzione ATM provochi SOLO un acufene e non altri sintomi.

E’ necessario  quindi considerare se compaiono anche altri sintomi di disfunzione ATM (cefalea, cervicalgia, dolore auricolare e all’ATM, rumori articolari con i movimenti della mandibola, vertigini, russare notturno con apnee, ostruzione nasale ecc.), e di valutare la qualità dell’acufene: costante o con momenti di silenzio, intensità sempre uguale o variabile, tempo di insorgenza .

Il trattamento prevede l’applicazione di una placca intraorale di riposizionamento mandibolare, opportunamente conformata ad hoc, simile ad un bite, da portarsi 24 ore al giorno (pasti esclusi) per un tempo congruo a poter trarre qualche conclusione sull’efficacia di questo trattamento (almeno 6 mesi, ma per l’acufene può essere necessario più tempo). In questi casi è importante valutare il risultato della terapia sugli altri sintomi eventualmente riferiti, in particolare vertigini, cefalea, cervicalgia.

L’importanza della prevenzione nell’insorgenza dell’acufene

E’ opportuno, per tutto quanto sopra,  individuare nella terapia dei disturbi dell’ATM oltre che la possibile soluzione di un problema all’Articolazione, anche un significato di carattere  preventivo sulla eventuale insorgenza della sintomatologia otologica più refrattaria al trattamento, quale è appunto l’acufene.

10- Familiarità e Genetica nella Malattia di Maniere

Fattori genetici: circa il 10% delle persone affette da sindrome di Menière ha un familiare nelle due generazioni precedenti con una storia di vertigini episodiche. Questo suggerisce una predisposizione genetica, cioè che esista una famigliarità legata alla malattia. Se però si considera che la malattia di Meniere può essere legata alla bocca in malocclusione, bisogna considerare che anche la malocclusione è spesso comune a molti appartenenti alla stessa famiglia, per cui la famigliarità della sindrome vertiginosa, così come quella per la cefalea, può essere legata ad una struttura cranio- mandibolare “di famiglia” piuttosto che ad una “malattia di famiglia”.

Lo stesso concetto vale per l’Otite Ricorrente, la Parotite Ricorrente, e la Cefalea quando sono  presenti nei gemelli omozigoti.  Un significativo 50% dei pazienti affetti da sindrome di Menière soffre anche di Emicrania, rispetto a un’incidenza del 10-15% nella popolazione generale. Questo potrebbe suggerire una comune patogenesi o una sovrapposizione dei meccanismi fisiopatologici, che potrebbero essere legati alla struttura cranio-mandibolare e occlusale, come  già descritto al capitolo dedicato ai rapporti fra Meniere ed Emicrania (link).

 

11- Malattia di Meniere dieta

Come si è detto, la base patogenetica della Malattia di Meniere, comunque tuttora oscura, da almeno 70 anni vene ipotizzata risiedere nell’Idrope Endolinfatico EH, cioè in un eccesso del liquido presente nei canali e nel sacco vestibolari (responsabile dei sintomi vertiginosi) e nella coclea (con effetti sull’udito), o in entrambi.

Va comunque sottolineato che la presenza di Idrope Endolinfatico, anche se riportata nelle diagnosi abitualmente formulate, rimane comunque un’IPOTESI, sia nei termini generali quale causa della Sindrome di Meniere, sia per quanto riguarda la sua presenza effettiva caso per caso.

Tuttavia, poiché il ruolo dell’Idrope, ancorchè ipotetico, è consensualmente accettato dagli esperti, la dieta è finalizzata al tentativo di ridurre l’ipotetica presenza di Idrope, nella speranza di normalizzare il volume e le qualità dell’endolinfa. Viene dunque prescritta una dieta iperidrica (bere molta acqua) e iposodica, limitando al massimo cioè l’uso del sale da cucina usato come condimento, come anche gli alimenti ricchi di sale: insaccati, prosciutto, pesce conservato, molluschi, formaggi stagionati, patatine, popcorn, arachidi, mais, olive in salamoia, verdure e legumi in barattolo.

Il Dottor Bernkopf, durante il trattamento con bite, non prescrive né dieta né farmaci. Se il paziente è abituato alla dieta iposodica, proseguirla è comunque salutare, indipendentemente dalla Sindrome di Meniere.

 

Articolo : https://www.studiober.com/wp-content/uploads/2024/11/Acufeni-compresso.pdf

 

Vai alla pagina “Casi significativi” di Malattia di Meniere, trattati con approccio odontoiatrico:

https://www.studiober.com/category/meniere/

Il caso più bello, ma molto lungo:

https://www.studiober.com/prof-antonello-ricci-malattia-di-meniere/     Diagnosi Menière Dott.D. Cuda (RE), Prof.E. Mira (PV) Prof.R. Filipo (Pol. Umberto 1° , Roma).

Vai alla video-intervista del Dr. Bernkopf sulla sua terapia occlusale nella Malattia di Menière:

https://www.youtube.com/watch?v=IhB1c-G_jJc

Videointervista al Dr Bernkopf e ad una Paziente trattata:

https://www.youtube.com/watch?v=07oshg5Ho88

Altre videointervista:

https://www.youtube.com/watch?v=q6787Bi8x0U

 

Vedi anche le pagine:

Vertigini , labirintiti http://www.studiober.com/patologie/patologia-dellorecchio/

Disfunzione Tubarica http://www.studiober.com/patologie/patologia-dellorecchio/ v

 

Parole chiave: Acufeni ,  Distretti Extrauditivi  , Dispositivi di Riposizionamento Mandibolare , Bite,  Malattia di Menière.